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Pitagora e la scuola pitagorica

La scuola pitagorica: Chi siamo

I numeri irrazionali

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Il mito della duplicazione del cubo

Il problema della duplicazione del cubo, come la quadratura del cerchio e la trisezione dell’angolo, tennero occupati i matematici per secoli e costituiscono, i problemi classici della geometria greca. Ciò che li accomuna è l’impossibilità di risolvere il problema utilizzando solo riga e compasso.
Non è possibile costruire con riga e compasso un cubo avente il volume doppio rispetto a un cubo dato. Insieme al problema della trisezione dell’angolo e della quadratura del cerchio, la duplicazione del cubo è stata oggetto, per molti secoli, di faticosi tentativi di risoluzione, ma solo con la nascita dell’algebra moderna si è potuta dimostrare l’impossibilità della sua risoluzione con strumenti elementari. Esistono tuttavia, fin dal IV secolo a.C., numerosi esempi di soluzioni del problema della duplicazione del cubo ottenute con altri strumenti. Tra queste si può ricordare la soluzione di Ippocrate di Chio, di Nicomede, di Menecmo e di Diocle. 
Il problema della duplicazione del cubo viene collegato ad alcune leggende:

  Minosse fece erigere una tomba cubica per suo figlio Glauco, ma non appena vide il lavoro compiuto, gli sembrò troppo piccola. Ordinò pertanto che se ne raddoppiasse il volume, raddoppiando il lato, senza accorgersi, ovviamente, che raddoppiare il lato di un cubo in realtà ne aumenta il volume di otto volte! I suoi geometri se ne accorsero e cercarono, invano, di risolvere il dilemma, che divenne famoso appunto come duplicazione del cubo.

Il filosofo e matematico greco Teone di Smirne riporta che una delegazione di ateniesi fu mandata all'oracolo di Apollo, nell'isola di Delos, al fine di trovare una soluzione che mettesse fine una volta per tutte alla tremenda pandemia di peste. L'oracolo replicò che la peste sarebbe terminata qualora si fosse raddoppiato l'altare cubico del dio Apollo. Gli ateniesi provarono a duplicare le dimensioni dell'ara, ma ciò non risolse il problema: l'altare incrementò il proprio volume di otto volte! Si accorsero di essere del tutto impotenti e così, disperati, decisero di fare appello ai più grandi matematici del tempo. Ce ne furono alcuni, che risolsero il problema a modo loro. Archita di Taranto ci riuscì realizzando l'intersezione di tre superfici: un cono, un cilindro e un prisma; Menecmo, invece, utilizzando un'iperbole e una parabola. Il primo che osò trasgredire la legge della riga e del compasso fu Ippia di Elide, il sofista, che grazie alla “quadratrice” riuscì a risolvere il problema della quadratura del cerchio. Tre secoli dopo, Diocle, seguendo il suo esempio, inventò la 'cissoide', che gli permise di risolvere il problema della trisezione dell'angolo, e Nicomede, un secolo dopo, inventò una curva a forma di spirale, la 'concoide', che fece meraviglie tanto per la duplicazione del cubo quanto per la trisezione dell'angolo. Queste costruzioni geniali, avevano un inconveniente grave: non erano realizzabili sul piano concreto. Si rivolsero allora a Platone che disse: “Se, per bocca dell'oracolo, Apollo ha imposto la costruzione di quell'altare, dovete capire che non è certo perché avesse bisogno di un altare doppio. Il punto è che rimproverava ai greci di trascurare la matematica e biasimava il loro disprezzo per la geometria”.

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Trisezione dell'angolo

Il problema della trisezione dell’angolo consiste nel dividere un angolo generico in tre parti uguali utilizzando solo riga e compasso, secondo i canoni della geometria greca. Come per gli altri 2 problemi classici della geometria greca, è impossibile risolverlo con riga e compasso, quindi con strutture geometriche che utilizzano solo rette e circonferenze. Gli antichi greci, erano convinti che potessero dividere gli angoli in tutti i modi. Studiarono un metodo con riga e compasso che permettesse di dividere un angolo in tre parti uguali. Si accorsero però che era complicato: il problema è risolvibile con riga e compasso per taluni angoli, ed è impossibile in generale. Il matematico greco Pappo di Alessandria riuscì a trovare una soluzione. Nella sua opera “Colleziona matematica” distingue 3 tipi di problemi:
1. problemi piani, risolvibili con rette e cerchi;
2. problemi solidi, risolvibili con le sezioni coniche;
3. problemi lineari, risolvibili con curve diverse da rette, cerchi e coniche.
Il problema della trisezione dell’angolo viene presentato come un problema solido. Pappo risolve il problema della trisezione dell’angolo utilizzando le coniche, rielaborando gli studi di Apollonio e Menecmo.
Il problema non è che un caso particolare del problema della suddivisione di un angolo generico in n parti, per qualsiasi numero naturale n; siccome però era il primo caso insoluto e sembrava più semplice degli altri,  si concentrarono gli sforzi per oltre due millenni su questo.

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La quadratura del cerchio

La quadratura del cerchio non si tratta di un’idea recente: già nel 414 a.C. Aristofane, parlava della quadratura e da lui tutti gli uomini greci più illustri ci si dedicarono.

Dante riconobbe l’inutilità di questi tentativi:

Qual è ’l geomètra che tutto s’affige

per misurar lo cerchio, e non ritrova,

pensando, quel principio ond’elli indige,

(Paradiso, canto XXXIII)

Qualsiasi approssimazione razionale di π ci fornisce altre costruzioni, alcune tanto buone altre completamente errate. Tuttavia, fino al XIX secolo moltissimi tentarono l’impresa, spesso senza basi matematiche adeguate, finendo spesso per credere d’avere trovato la soluzione. 

Qualcuno tentò addirittura di produrre un cerchio e un quadrato di uguale peso, utilizzando i materiali più disparati, per poi misurare il diametro dell’uno e il lato dell’altro e trovare così il valore di π per via sperimentale. 

Lentamente si fece strada l’idea che i tre classici problemi dell'antichità fossero insolubili, ma passarono oltre due millenni tra quando furono proposti e quando venne finalmente dimostrata la loro insolubilità.

Il primo tentativo di dimostrazione di impossibilità risale a James Gregory nel 1667. Gregory tentò di dimostrare che π è trascendente, prima ancora che il concetto di numeri trascendenti fosse accettato, l’idea era giusta, ma la dimostrazione errata.

La dimostrazione definitiva dell’impossibilità si ebbe solo nel 1882, con la prova di Carl Louis Ferdinand von Lindemann che π è trascendente.

Oggi l’espressione “quadratura del cerchio” si intende cercare la soluzione ideale per un certo problema, ma vuol dire anche tentare l'impossibile poiché il problema da risolvere è troppo difficile e la ricerca di una soluzione soltanto un’illusione.

Ma vediamo in cosa consiste veramente la quadratura del cerchio e proviamo a dimostrare la sua impossibilità:

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Valore simbolico della quadratura del cerchio

La quadratura del cerchio non era un semplice rompicapo, ma rispondeva ad esigenze di natura profondamente esoterica: essendo il cerchio tradizionalmente associato al Cielo e il quadrato alla Terra, far coincidere matematicamente le due figure equivaleva a comporre lo Spirito con la Materia, il Trascendente con l'Immanente.
Mentre il cerchio poi rappresenta l'Uno indifferenziato, la dinamicità e la ciclicità del tempo perenne senza inizio né fine, il quadrato rimanda alla sua realizzazione concreta nello spazio e alla stabilizzazione.

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